L’Arte del Fuoco

a cura di Luca Siniscalco

Intervista a Giulia Gasparini, fra performance e sciamanesimo

Giulia Gasparini è un’artista giovane e anticonformista. Il suo rifiuto del senso comune aspira a fare dell’arte un tempio modernissimo per la rinascita di forze arcaiche e misteriose. L’inestinguibile, vitale connessione fra arte e sacro, opera e rito, creazione estetica e trasfigurazione interiore viene ribadito nella paradossale ma feconda contraddizione del suo linguaggio simbolico: che insegue il mito con la lingua del contemporaneo, persegue il superamento degli opposti prendendo le mosse dal radicamento nel nichilismo più sfrenato – che, si badi bene, è il nostro inalienabile punto di partenza, la stazione di transito di noi tutti, uomini del (post)moderno.

Cuore di Fenice (performance)
Cuore di Fenice (performance)

Dopo numerose mostre ed esperienze di successo di rango internazionale, valicando i mondi della fotografia, della performance e dell’arte tradizionale, Giulia Gasparini è tornata nella sua città natale, Lodi, per presentare un progetto artistico strutturato in numerose fasi, con al centro le pulsioni che attraversano costantemente la sua ricerca: l’arte e la spiritualità. Il festival, il cui obiettivo è, stando all’artista, «far morire parti di noi per poter rinascere migliori», inaugura il movimento Seeing the unseen, un collettivo di artisti che lavora con realtà invisibili. Per tentare un avvicinamento a questo affascinante mondo, in cui l’immagine diventa ponte fra il piano terreno e quello celeste, fra immanenza e trascendenza, corporeità e spirito, abbiamo intrecciato un fitto dialogo con Giulia. Ne è emersa un’indomita Arte del Fuoco, che l’artista esperisce e ritualmente offre al suo pubblico.

Giulia Gasparini
Giulia Gasparini

1) Il mese di luglio è stato infuocato, dal Festival Cuore di Fenice, da te ideato. In che termini definiresti questo progetto?

È sicuramente un progetto difficile da “definire”. Un insieme di opere innanzitutto da sentire. Sono ancora pervasa da mille e più sensazioni e visioni, dai vari afterglow di ogni performance. Emozionante, così lo definirei. E se dovessi riassumerlo in un simbolo, Cuore di Fenice è stata una chiave che apre una porta. Clack

Un portone, per esser più precisi, quello della meravigliosa chiesa che mi ha ospitata durante i quaranta giorni dell’evento… com’è cambiata.

La mia vita spirituale è la mia vita artistica, il Festival ne è stato la manifestazione, un’apertura del mio mondo al pubblico.

2) In quali tappe si sta articolando la manifestazione artistica?

Il festival si è strutturato in sette momenti diversi: una proiezione di uno short movie, tre performance-rituali e tre cerchi di guarigione sciamanici.

A esso è seguita Kaumudi, una performance con l’artista Ankkh, in cui ho liberato i lati di ombra e luce degli archetipi del maschile e femminile. Un rituale di Luna Piena ed Eclisse Lunare molto forte, in cui ho guidato il pubblico tramite pratiche di respiro consapevole, piccoli esercizi tantrici e danza estatica.

Ho inaugurato con la proiezione integrale del video Cuore di Fenice, anticipato a marzo a Milano. Lo short movie è in collaborazione con Boisterous Film, BJRG e Daemon. Al suo interno io muoio e rinasco su un rogo di fuoco: il video rappresenta la tappa primigenia dell’intero progetto.

Cuore di Fenice (performance)
Cuore di Fenice (performance)

In seguito, Crisalide, performance con l’artista – nonché zio e mio padrino di battesimo – Gian Piero Gasparini. Vi si è celebrata la fase di trasformazione della farfalla, un momento di paralisi, in cui si avvolge nel buio e tocca un punto di morte per poi rinascere e volare. Così ho fatto con il corpo di G.P. Gasparini, sotto una proiezione di cielo stellato.

Infine L’Origine: Il Serpente,in cui nuovamente il principio maschile e quello femminile sono divenuti i protagonisti della scena. Vestiti di sola edera e foglie di fico, io e il mio partner ci siamo guardati negli occhi per ventun minuti. Il tutto, con un meraviglioso pitone sulle mie spalle, che benediva il lavoro, infondeva la sua energia benefica e terapeutica.

Oltre alle performance, ho organizzato tre cerchi di guarigione: Terra dedicato al Pianeta, a nostra Madre Gea. Cielo, rivolto al Padre blu che ci guarda dall’alto trasmettendoci conoscenza, un momento artistico dedicato alla sofferenza per l’incendio che ha colpito la Siberia. 
Infine Respiro (profondo ma non esasperato), dove si è concentrato il lavoro sulla profondità e magia che si può raggiungere respirando – pieno contatto con il Divino.

3) La tua poetica aspira a congiungere l’opera artistica – sia essa oggettuale o performativa – all’esperienza spirituale e rituale. Non si tratta, quindi, – non soltanto, almeno – di tematizzare la sfera religiosa e sovrasensibile tramite strumenti artistici, bensì di realizzare una piena coincidenza fra l’esperienza artistica e quella spirituale. Questa corrispondenza è, a tuo avviso, propria di tutti gli artisti – si realizza cioè in ogni opera d’arte che si rispetti – o è piuttosto una ricerca riservata a pochi?

L’Arte è libera, come l’Amore. E così è anche ciò che ogni artista vuole esprimere attraverso di essa. Non è detto che per tutti sia una ricerca, talvolta è, piuttosto, un punto di arrivo. C’è chi sfoga le proprie emozioni, chi vede aldilà, chi semplicemente non sa e nemmeno si chiede cosa stia dicendo, ma lo dice comunque.

Per quanto mi riguarda, Arte e Spiritualità proseguono nella stessa direzione. Un percorso caotico, femminile, ma anche ricco di disciplina.

Il mio “dono”, da sempre, è quello di trasformare tutto ciò che tocco in ciò che deve essere, aiutarne il processo, manifestarne la natura. Che sia uno shock, una carezza, un’immagine medicina, una parola o una sensazione.

Cuore di Fenice (performance)
Cuore di Fenice (performance)

Durante questi quaranta giorni di Festival, sia gli spettatori che la chiesa si sono lasciati profondamente cambiare. Vedere così tante persone toccate da quello che faccio conferma i pensieri positivi che nutro riguardo all’Umanità. C’è curiosità, sincero interesse riguardo le pratiche spirituali, una gran voglia di lasciarsi andare al Mistero e alla Natura

4) In questo contesto, la tradizione sciamanica è la via da te prediletta per integrare dimensione estetica e realizzazione spirituale. Come sei giunta a questa equazione?

Lo sciamanesimo è probabilmente stato sempre presente, ancorché non manifesto, nel mio modo di vivere e relazionarmi con la Natura. Si è tuttavia mostrato in maniera consapevole nel 2016, alla fine di una malattia, da cui esco curandomi con tantra, tecniche tao e yoga: dopo aver ricevuto la “chiamata” di una pianta attraverso un libro, mi ritrovo in una foresta a condurre la mia prima esperienza rituale con le Piante. Di lì a breve incontro sulle montagne parmensi il mio Maestro sciamano, Eugenio, e inizio a far parte di una comunità sciamanica – Sciamanesimo Ancestrale. Il percorso spirituale di ciascuno è differente, il mio mi porta naturalmente verso la cura del corpo, concepito come tempio del divino, e mi spinge all’impiego dell’arte come forma di espressione, che diventa cura sia per me che per il pubblico.

5) Cuore di fenice è l’ultima tappa del tuo percorso artistico, un’avventura metamorfica che ti ha vista indagare con linguaggi artistici diversi (fotografia, pittura, performance) temi disparati (archetipi, metafisica dell’eros, simbolismo, guarigione interiore, morte e rinascita). Qual è le fil rouge di questo cammino?

Le fil rouge è la fiducia nel mistero. Lo spazio vuoto fra due atomi, l’ignoto, l’oscurità… una grande maestra, e in essa tutto accade, tutto prende forma. La Fenice muore, brucia, arde con coraggio. Sa che ciò che verrà dopo sarà giusto, e quindi rinasce. La Farfalla è un bruco che si avvolge come una mummia, senza sapere cosa accadrà, sa solo che è giusto, si fida del suo istinto. E rinasce Farfalla, vola. Questo Festival ha parlato in vari modi di una profonda trasformazione, di cui la nostra società, il Mondo, partendo sempre da noi stessi, ha bisogno.

6) Progetti futuri?
I progetti sono tantissimi. Sicuramente continuerò a organizzare cerchi di guarigione, quando il tempo lo permette anche all’aperto. La soddisfazione che mi procurano è immensa. Un partecipante, alla fine di un cerchio, mi ha detto: «Spero tu abbia filmato tutto… è stato incredibile cosa abbiamo fatto». Lui, insieme ai suoi compagni in questa esperienza, si era lasciato andare, ballando a occhi chiusi, provando intensamente la libertà del corpo. Guardarli è davvero pura magia.

Il progetto più grande sarà tuttavia un padiglione dedicato alla Luna, che sto progettando con il mio team di architetti. Ci lavoriamo ormai da un anno… spero di poterne parlare presto.

Cuore di Fenice (performance)
Cuore di Fenice (performance)

Verso fine settembre ci sarà il prossimo evento Seeing the unseen, il mio movimento battezzato lo scorso marzo a Milano, con il primo appuntamento Cuore di Fenice. Si chiamerà In medio amnium: in mezzo ai fiumi – riprendendo una delle possibili etimologie del nome del capoluogo lombardo. È un concorso d’arte rivolto agli studenti, concepito per celebrare gli spiriti dell’Acqua, delle acque anzi, quelle di Milano.

Infine, sto organizzando una mostra in un’antica necropoli italiana, dove esporrò un progetto che ho sempre tenuto un po’ segreto: Death is Beauty… ma anche qui, per ora, non posso dire altro.