Quella bottega dell’arte di Lignano Sabbiadoro

rp

Esser nati nel ’38 in Italia significa aver conosciuto la seconda Grande Guerra da bambini. L’infanzia è un’età fragile, è il periodo in cui le emozioni si vivono amplificate, e in cui si consolidano, nell’intricatissimo dedalo cerebrale, solo le connessioni tra fibre nervose che sopravvivono alla potatura delle sinapsi, portando alla definizione di quei canali che saranno alla base dell’identità.

Serpic, Autoritratto

Serpic, Autoritratto

La guerra può quindi rendere l’infanzia ancora più fragile, ma, alla fine di ogni guerra può seguire un periodo magico.

Così è stato per Sergio Simeoni (alias Serpic), che si è trovato a sette anni calato in quell’atmosfera ancora di sapore neorealista del dopoguerra friulano. Vive proprio in quella via Carnia, che lui stesso definisce la via Bagutta di Lignano Sabbiadoro, poiché gli habitués del bar all’angolo sono a quei tempi diversi artisti affermati, come Fred Pittino, l’architetto Marcello d’Olivo, e, in seguito, Giorgio Celiberti, che è di una decina d’anni più anziano di Simeoni.

Serpic, Emozioni

Serpic, Emozioni

L’ambiente è quello di un’Italia veramente “simpatica”, come amava definirla Alberto Moravia, che col suo giudizio di letterato autorevole indubbiamente recupera la derivazione etimologica dell’aggettivo: c’è umanità e senso civico, si tira un grande sospiro di sollievo dopo il frastuono delle bombe, si parla, basta poco e si familiarizza, nel contesto di un pathos comune.

“Sergio, vieni a dipingere insieme a noi”, e il futuro Serpic si ritrova con pennello in mano, donato da maestri eccellenti, e in un contesto che è meglio di qualsiasi accademia.

Compone collages, dipinge paesaggi, poi ritratti, ne trae quella remunerazione estetica propria dell’appagamento di ogni bravo artista per il proprio risultato mirabile, e la soddisfazione per la propria capacità tecnica. Ma è soprattutto il colore a stregarlo.

Serpic, Gioielli

Serpic, Gioielli

Nel corso degli anni, si orienta sempre di più a una pittura che mira all’impressionismo informale, immediata, istintiva, la quale gli consente quella ricerca che porta alla fissazione retinica delle emozioni, in un loro percorso “logico”, proprio del linguaggio cromatico; una sinestesia intimamente nota solo a chi si sia almeno qualche volta cimentato nel lasciare la mente a se stessa, in balia del fluttuare delle memorie percettive, abbandonandosi all’ondeggiare stocastico di ricordi sensoriali, che portano all’origine costitutiva della percezione, dove sentire significa simultaneamente selezionare, e seguire i suggerimenti spontanei che portano naturalmente a produrre armonie sempre nuove, novità sempre armoniche.

Poi il percoso volge alla pittura astratta interamente frutto di quell’attività intellettuale che i letterati della Roma antica definivano otium, ed è talmente naturale, piacevole, e proficua da procurare estasi. L’arte astratta non può essere intesa da chi non abbia la forza intuitiva di seguire l’arte oltre i canoni delle pareidolie formali che rimandano agli oggetti familiari, di inquisire il pensiero fino alle basi della fisica della mente, fino alla percezione visiva elementare, dotata di quel particolarissimo codice naturale tanto caro a Monet.

Serpic, Ritratti

Serpic, Ritratti

E come Monet nel giardino di Giverny, Serpic continua oggi a ricercare i suoi codici pittorici immerso nel suo amato territorio bucolico friulano.

Il pensiero umano è quello dotato di maggior capacità di astrazione, ed è quindi in grado di trasformare codici, percepibili solo alla mente, in segni visibili agli occhi, ma – oltre, naturalmente, a saper dipingere – bisogna avere la capacità di osservare dentro di sé con la mente allenata e sagace da monaco buddista, fino al très proche-presque immediat (rubando l’espressione al sinologo Jean François Billeter). E’ allora che arriva la vertigine e il fuoco sacro che porta alla nascita del quadro: “è già dalla seconda pennellata – confessa Serpic – che s’intuisce tutto, si capisce dove si deve andare a parare, e come proseguire; nulla restituisce tanto quanto la pittura astratta e il tripudio dei colori”.

Serpic, B/N

Serpic, B/N

La grande arte attira sempre e comunque, un quadro astratto degno di tale definizione, come una poesia di valore, per quanto ermetica, potrà non essere inteso, ma non potrà mai lasciare indifferenti.

I quadri astratti di Serpic attraggono come elettrocalamite, hanno il potere di indurre quella dolce sofferenza della ricerca ermeneutica delle infinite opportunità creative, oltre i codici, oltre alla scontata sicurezza formale, invitano all’infinita affascinante ricerca del superamento dei limiti umani.

Ma le opere della sua ultima personale intitolata “Un sogno sereno” (realizzata con il sostegno della Cari-Fvg di Udine, che mette in vendita una settantina di pezzi – tra dipinti, gioielli, e altri piccoli oggetti d’arredamento), la parola sofferenza non vogliono sentirla in nessuna delle sue accezioni eventuali: hanno colori immediati, che portano solo ottimismo e speranza, e invitano al superamento dei limiti umani andando soprattutto nella direzione della ricerca per la cura della sclerosi multipla…

Serpic, Emozioni

Serpic, Emozioni

Serpic, Emozioni

Serpic, Emozioni

Serpic, Emozioni

Serpic, Emozioni

Serpic, Paesaggi

Serpic, Paesaggi

Serpic, Emozioni

Serpic, Emozioni

Serpic, Emozioni

Serpic, Emozioni

Serpic, Emozioni

Serpic, Emozioni

Serpic, 3D

Serpic, 3D