Sotto al colore: le tecniche dei pittori veneziani del ‘500

Marilena Bordin

(conferenza di presentazione del libro “Tecniche pittoriche adoperate dai pittori veneziani del XVI secolo” di Michel Hochmann – Corsivi e note di Marilena Bordin)

Il termine arte (in italiano aggettivo sostantivato: dal greco ἀρετή, che traduce “corretto”, “perfetto”, riferito a τέχνη, “abilità”, “tecnica”), implica non tanto la perfezione, quanto la ricerca della medesima, in antica contrapposizione alle altre tecniche di ordine pratico, ovvero non finalizzate alla ricerca teoretica. È noto peraltro che spesso gli artisti confessano in privato a persone di loro fiducia di non essere mai soddisfatti pienamente del loro operato…

La derisione della Royal Accademy

La derisione della Royal Accademy

L’arte presuppone quindi l’esistenza di codici espressivi da recuperare attraverso l’attività ermeneutica, ma la sua immediatezza e universalità misterica è confermata dal bambino che vede un quadro per la prima volta, e che si pone la fatidica domanda: “Come è fatto? Che cosa c’è sotto?”.

Michel Hochmann nella sua recente conferenza di presentazione del suo ultimo libro presso l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti di Venezia “Tecniche pittoriche adoperate dai pittori veneziani del XVI secolo” è entrato nel merito di tale problematica tecnico-artistica, esplorata sotto il profilo della ricerca storiografica.

Nel 1795 Thomas Giois e sua figlia presentarono alla Royal Academy un manoscritto rinascimentale in cui sarebbe stato contenuto il segreto della pittura di Tiziano Vecellio. Il testo però asseriva erroneamente che il maestro facesse uso del blu di Prussia, pigmento che non poteva sicuramente conoscere nel Cinquecento, dato che venne scoperto solo due secoli dopo. Ciò provocò un indubbio imbarazzo alla comunità scientifica contemporanea, la quale, avendo iniziato già ad applicare e diffondere queste tecniche, divenne oggetto di scherno (Fig.1).

La curiosità, l’amore verso questo genere di pittura, e la possibilità di guadagno portarono anche i fabbricanti e venditori di colori a realizzare prodotti che avrebbero dovuto ricreare gli stessi effetti dei dipinti veneziani. In più vennero pubblicati libri e rinvenuti manoscritti inediti sulla storia della pittura a olio.

Le tecniche usate dai pittori veneziani del XVI secolo sono complesse e ricche di fascino e la situazione commerciale della Serenissima rende arduo riuscire a svelarne il mistero: la città fu da sempre uno dei principali poli commerciali del Mediterraneo, e qui giungeva qualsiasi spezia, stoffa, pigmento, qualsivoglia ricchezza, e, a differenza di quanto accade oggi, l’evoluzione tecnica procedeva molto lentamente.

Ma, pur non avendo una precisa e dettagliata descrizione dei materiali e delle tecniche adoperati dai maestri dell’epoca, base abbastanza sicura possono essere considerati i manuali di tecnica dell’occidente latino, redatti in epoca medievale e rinascimentale, quali: il De coloribus artibus di Eraclito, la Schedula diversarum artium di Teofilo, e Il libro dell’arte di Cennino Cennini. Passando poi al primo Rinascimento non si può tralasciare il De pictura di Leon Battista Alberti, dedicato a Filippo Brunelleschi, che fa parte della prima trilogia di trattati, completata con il De re aedificatoria e il De statua. Infine, all’interno dei romantici del primo Rinascimento, si trova il meno noto Trattato sul disegno, redatto dal Filarete, il quale, come il più noto Trattato di Architettura, sempre del medesimo autore, mostra un marcato legame con l’opera dell’Alberti.1

Giorgione,  I tre filosofi 1508 - 1509.

2 – Giorgione, I tre filosofi 1508 – 1509.

Il fascino verso la pittura veneziana continua tuttora ad essere la linfa vitale, il motore per nuove ricerche, queste hanno visto una notevole evoluzione grazie alle indagini scientifiche , restauri e mostre. Tra le più importanti si possono ricordare quella sui pittori veneziani del XVI secolo allestita dal Kunsthistorische Museum Vienna, e quella su Tiziano Vecellio del Prado di Madrid.

Oltre alle ricerche d’archivio si sono ottenuti risultati interessanti anche attraverso l’utilizzo della riflettografia a infrarosso, che ha permesso per la prima volta di vedere ciò che si nascondeva sotto al colore, il disegno soggiacente. 2

Giorgione, Radiografia particolare dell'uomo con il turbantetratto da  I tre Filosofi.

3 – Giorgione, Radiografia particolare dell’uomo con il turbante tratto da I tre Filosofi.

Tecnica che ha consentito la totale eliminazione della scomoda “etichetta” che erroneamente veniva data alla pittura dei grandi maestri veneziani del Cinquecento. Infatti per lungo tempo molti storici dell’arte leggendo Vasari hanno sostenuto che i pittori veneziani del XVI secolo non disegnassero. Equivoche che determinò l’errata separazione tra disegno toscano/colore veneziano.

Effettivamente Giorgio Vasari all’interno delle sue Vite scrive:

E perché in quel tempo Giambellino e gli altri pittori di quel paese, per non aver studiato di cose antiche, usavano molto, anzi non altro, che il ritrarre qualunche cosa facendo dal vivo, ma con maniera secca, cruda e stentata imparò anche Tiziano per allora quel modo. Ma venuto poi l’anno circa 1507 Giorgione da Castel Franco, non gli piacendo in tutto il detto modo di fare, cominciò a dare alle sue opere più morbidezza e maggiore rilievo con bella maniera usando nondimeno di cacciar si avanti le cose vive e naturali e di contrafarle quanto sapeva il meglio con i colori, e macchiarle con le tinte crude e dolci, secondo che il vivo mostrava, senza far disegno, tenendo per fermo che il dipingere solo con i colori stessi, senz’altro studio di disegnare in carta, fusse il vero e miglior modo di fare et il vero disegno. Ma non s’accorgeva che egli è necessario a chi vuol ben disporre i componimenti et accomodare l’invenzioni, ch’e’ fa bisogno prima in più modi differenti porle in carta, per vedere come il tutto torna insieme”…3

L’autore toscano, per esprimere il suo disappunto nei confronti della maniera di Tiziano fece leva anche su Michelangelo:

Giovanni Bellini, Madonna con il Bambino 1490 - 1500.

4 – Giovanni Bellini, Madonna con il Bambino 1490 – 1500.

Andando un giorno Michelagnolo et il Vasari [l’autore parla di sé in III persona n.d.r.] a vedere Tiziano in Belvedere, videro in un quadro, che allora aveva condotto, una femmina igniuda figurata per una Danae, che aveva in grembo Giove trasformato in pioggia d’oro e molto, come si fa in presenza, gliene lodarono. Dopo partiti che furono da lui, ragionandosi del fare di Tiziano, il Buonarruoto lo comendò assai, dicendo che molto gli piaceva il colorito suo e la maniera, ma che era un peccato che a Vinezia non si imparasse da principio a disegnare bene e che non avessero que’ pittori miglior modo nello studio. <<Conciò sia >> diss’egli <<che se quest’uomo fusse punto aiutato dall’arte e dal disegno, come è dalla natura, e massimamente nel contrafare il vero, non si potrebbe far più né meglio, avendo egli bellissimo spirito et una molto vaga e vivace maniera.>> Et infatti così è vero, perciò che chi non ha disegnato assai e studiato cose scelte, antiche o moderne, non può fare bene di pratica da sé, né aiutare le cose che si ritranno dal vivo dando loro quella grazia e perfezione, che dà l’arte fuori dall’ordine della natura, la quale fa ordinatamente alcune parti che non son belle.”4

Però ad una lettura più attenta delle Vite potremo notare come lo stesso Vasari si contraddica ammettendo lui per primo che Giorgione e Tiziano disegnassero.

Tant’è vero che nella prima pagina della vita di Giorgione troviamo scritto:

Attese al disegno e lo gustò grandemente; et in quello la natura lo favorì si forte, che egli, innamoratosi delle cose belle, di lei non voleva mettere in opera cosa, che egli dal vivo non ritraesse.”5

5 - Giovanni Bellini, Madonna con il Bambino particolare del volto dove si vede lo spolvero.

5 – Giovanni Bellini, Madonna con il Bambino particolare del volto dove si vede lo spolvero.

Paradossalmente anche l’informazione che Tiziano disegna è inserita nella prima pagina della sua vita, ma è sempre stata trascurata in favore delle frasi più note:

[…]”lo pose con Giambellino pittore, in quel tempo eccellente e molto famoso, come s’è detto, sotto la cui disciplina attendendo al disegno mostrò in breve esser dotato della natura di tutte quelle parti d’ingegno e giudizio che necessarie sono all’arte della pittura”.6

A riprova del fatto che Giorgione disegnava ed era bravo vi è la prima radiografia pubblicata nel 1991, questa effettuata sui I tre filosofi (Fig. 2) per la precisione sull’uomo col turbante, mostra un disegno soggiacente ben definito (Fig. 3).

Il rinvenimento di un primo disegno soggiacente è stata un’ulteriore prova del fatto che gli artisti veneziani del XVI secolo disegnavano.

Peraltro sembra quasi assurdo credere che questi grandi maestri non avessero fatto propria l’arte del disegno, considerando l’arte della stampa veneziana. Pur considerata, la loro, un’arte minore gli artisti veneziani del Rinascimento erano soliti collaborare con gli incisori, fornendo loro dettagliati disegni preparatori, che questi ultimi avrebbero adoperato come guida per realizzare le matrici. A tal proposito si può rammentare la feconda e molto ben documentata collaborazione tra Tiziano e l’incisore olandese Cornelis Cort. A riprova di ciò tale attività è menzionata anche dallo stesso Vasari:

6 - Bottega di Tiziano, Diana e Callisto 1566.

6 – Bottega di Tiziano, Diana e Callisto 1566.

L’opera della quale tavola fu dallo stesso Tiziano disegnata in legno e poi da altri intagliata e stampata”.7

L’impiego della riflettografia a infrarosso sulle tele di Bellini ci ha permesso di verificare che l’artista utilizzava la tecnica dello spolvero per trasportare i suoi disegni dal foglio di carta alla tela. Le immagini che si sono ricavate dall’analisi eseguita sulla Madonna con Bambino della National Gallery of Art di Washington (Fig. 4) ci fanno ipotizzare l’impiego di un cartone, e mostrano le tracce lasciate dello spolvero (Fig. 5).

Anche per la bottega di Tiziano si sono potute fare constatazioni simili, infatti è stato ritrovato un disegno soggiacente sul retro della tela con Diana e Callisto al Kunsthistorisches Museum di Vienna (Fig. 6). Il disegno è visibile ad occhio nudo perché i discepoli del maestro adoperarono un legante molto fluido, che attraversò la tela, quindi al momento della rifoderatura si ebbe la sorpresa. La scoperta è ancor più significativa perché ha permesso il confronto con “l’opera madre” eseguita da Tiziano per Filippo II di Spagna oggi conservata alla National Galleries of Scotland di Edimburgo (Fig. 7). 8 Sulla tela di Vienna era stato quindi riportato attraverso l’imprimitura il disegno preparatorio del quadro di Edimburgo, e solo in seguito fu dipinta e modificata (Fig.8).

Testimonianze di disegni preparatori sono state ritrovate anche nella bottega di Jacopo Bassano, che dal 1560 iniziò ad archiviare i propri disegni, così che la famiglia e i lavoranti potessero consultarli e trovarne ispirazione o attingerne informazioni.9

7 - Tiziano Vecellio,  Diana e Callisto 1556 - 1559.

7 – Tiziano Vecellio, Diana e Callisto 1556 – 1559.

Purtroppo l’errato “pregiudizio vasariano” ha trovato terreno fertile in quegli artisti di cui sono restate poche opere e rarissimi disegni. A tal proposto non si può non citare nuovamente Giorgione, il quale, deceduto di peste a soli trentatré anni lasciò ben poca documentazione del suo operato e un solo disegno certo raffigurante Elia nel deserto (Fig. 9).

6 - Bottega di Tiziano, Diana e Callisto 1566 (confronto).

8 – La “Diana e Callisto” della Bottega di Tiziano accanto alla riflettografia della medesima opera.

Ma in realtà il disegno veneto e quello toscano non sono così distanti come si è sempre creduto, si è infatti constatato che, anche i veneziani realizzavano dei cartoni preparatori assolutamente precisi e meticolosi, come viene dimostrato dal confronto tra la riflettografia a infrarosso e il dipinto della Giovane donna allo specchio di Giovanni Bellini (Fig. 10 e 11). A riprova della vicinanza delle due scuole (veneta e toscana) troviamo oltre al comune utilizzo del disegno e del cartone preparatorio anche quello dei metodi di trasporto: imprimitura, spolvero e quadrettatura.10

Alcune testimonianze di quest’ultima sono visibili nella radiografia del Concerto campestre di Tiziano, oggi al Louvre (Fig. 12 e 13), e nei dipinti e disegni di Tintoretto.

Per il Robusti la quadrettatura fu fondamentale: se ne trovano alcune tracce nel San Giorgio che uccide il drago della National Gallery di Londra (Fig. 14), dove si nota come il maestro prima inserì, e poi eliminò la figura di un uomo disteso in primo piano, e la perfetta corrispondenza della seconda vittima con un disegno (anch’esso quadrettato) giunto sino a noi (Fig. 15). Ancor più interessante ed emblematica della grande inventiva del Tintoretto è l’immagine (ottenuta grazie alla riflettografia eseguita sull’Allegoria della felicità): sotto le spoglie femminili della personificazione, originariamente vi era un uomo, il quale disegno combacia perfettamente con altro disegno del maestro, anch’esso quadrettato (Fig. 16, 17, e 18).

9: Giorgione,Elia nel deserto 1507 - 1510.

9 – Giorgione,Elia nel deserto 1507 – 1510.

Le analisi scientifiche hanno permesso quindi di stabilire che la vera differenza tra la scuola veneta e quella toscana non è l’impiego o meno del disegno (la secolare contrapposizione disegno/colore non è quindi mai esistita),

A differenziare le due scuole è il tipo di disegno eseguito da ciascuna: da una parte troviamo il preciso e meticoloso disegno toscano, contraddistinto da una linea pulita e sinuosa, eseguita a inchiostro o con la punta d’argento, e, dall’altra, il più abbozzato, sommario e istintivo disegno veneziano, realizzato a carboncino. A Venezia disegno e colore si fondono e mischiano ed è difficile cogliere dove inizia uno e finisce l’altro, ma proprio questo ha creato quell’incantesimo che da secoli strega chiunque ammiri le opere dei pittori veneziani 11

Per riuscire a carpire il segreto dei pittori veneziani del Cinquecento si sono effettuate numerose ricerche d’archivio per cercare di ricostruire quali fossero i pigmenti utilizzati da Tiziano, Bellini, Giorgione, Carpaccio, Lotto, Bassano, Veronese etc… . Per far ciò si è dovuto prender atto dell’intricata e assai complessa situazione commerciale in cui verteva la città. Infatti la Serenissima era da sempre il centro di un florido mercato, qui giungeva qualsiasi pigmento e colore, e, da qui, i “vendi colori” spedivano in Italia e oltreconfine i loro prodotti. Si intuisce perciò quanto siano importanti i ricettari e le carte d’archivio inerenti questi mercanti e mercati, perché è grazie a tali documenti che si possono scoprire le tecniche e i materiali utilizzati dai maestri .

10 - Giovanni Bellini, Giovane donna allo specchio 1515.

10 – Giovanni Bellini, Giovane donna allo specchio 1515.

Diversamente da quanto ci si aspetterebbe oggi, la figura del mercante di colori era molto importante

11 - Giovanni Bellini, Giovane donna allo specchio 1515 (riflettografia).

11 – Giovanni Bellini, Giovane donna allo specchio 1515 (riflettografia).

all’epoca, tanto che persino Tiziano, dedicò al mercante Alvise dalla Scala un ritratto oggi conservato nella Pinacoteca di Dresda (Fig. 19). L’uomo viene identificato dalla scatola di colori e dal pennello posti sul davanzale a destra, questi diventano l’emblema del suo lavoro e dimostrano quanta importanza e considerazione venisse assegnata dagli artisti a questi artigiani che fornivano loro le migliori materie prime indispensabili per la realizzazione delle loro opere.

Grazie all’analisi dei colori e alla spettrometria si sono potuti riconoscere i singoli pigmenti e la loro composizione.12 Tra i colori più noti e importati che qui venivano prodotti vi è il blu veneziano, che era impiegato per la realizzazione di splendidi drappi e velature. Tracce di questo colore sono state rinvenute nel Bacco e Arianna di Tiziano, per l’esattezza il pigmento è stato rilevato nella veste della protagonista femminile, Arianna (Fig. 20). Dato il costo elevato del blu veneziano di sovente veniva sostituito con la più economica azzurrite o “azzurro della Germania”, che veniva impiegato come base preparatoria. La differenza di qualità che vige tra queste due tonalità di blu è ben visibile nel cielo del Convitto in casa di Levi di Veronese (Fig. 21), qui il blu assume una tinta più slavata e quasi acquerellata che non può essere paragonata con la corposità e brillantezza del manto di Arianna.

A Venezia troviamo l’utilizzo anche di una terza tipologia di blu, lo smalto, questo aveva una lavorazione più facile rispetto a quelle precedenti, e un costo minore in più donava un effetto simile a quello del vetro. Lo smalto permetteva di ottenere delle belle sfumature quindi veniva spesso impiegato nella pittura murale e in quella ad olio. Purtroppo questa tinta presenta un effetto indesiderati, scolorisce se mischiata con l’olio tant’è che molto spesso i cieli eseguiti da Veronese e da Tintoretto sono diventati grigi o verdi.

12 - Tiziano, Concerto campestre 1510.

12 – Tiziano, Concerto campestre 1510.

Lo smalto poteva essere di molti colori, tra questi vi era il giallo detto “zalin da Muran”, realizzato dai vetrai. Nel 1968 Carlo Ceccaroni ha dedicato un libro a tale colore, l’autore ha scisso la tinta in due tipologie: giallino ottenuto con l’utilizzo dello stagno e il zalin da Muran ricavato dal vetro macinato e da delle infusioni di stagno. Anche questo colore come lo smalto precedente presenta col tempo delle alterazioni cromatiche, anche se molto più lentamente.

13 - Tiziano, Concerto campestre 1510 riflettografia  particolare.

13 – Tiziano, Concerto campestre 1510 riflettografia particolare.

Le analisi chimiche ci informano che Veronese utilizzava spesso quest’ultimo colore, perché si adattava al suo gusto caratterizzato da tinte accese e contrastanti, infatti la veste del suonatore delle Nozze di Cana (Fig. 22) è dipinta con il zalin da Muran.

Altri colori caratteristici della tavolozza veneziana sono l’oro e l’arancio. Il primo giunse a Venezia grazie ai contatti che la città aveva con Bisanzio, e si diffuse dal Quattrocento in poi. L’oro è talmente importante che venne citato anche da Gianpaolo Lomazzo (pittore e trattatista dell’età Manierista) nella sua prima opera letteraria Trattato dell’arte della pittura, scultura e architettura pubblicato a Milano nel 1584.13

La composizione del color oro presentava al suo interno tracce di piombo, questo portò ad un naturale deperimento e a tinte verdognole. Di conseguenza, nonostante gli sforzi per evitare questa “naturale” degenerazione si è dovuto ripristinare il colore originario attraverso la ridipintura, come è successo nell’Assunta di Tiziano a Santa Maria Gloriosa dei Frari (Fig. 23).

Anche l’arancio, come l’oro, fece la sua comparsa in città nel XV secolo. A caratterizzarlo fu la cottura del pigmento e la presenza al suo interno dell’arsenico, che lo rendeva pericoloso. Fu molto apprezzato da Veronese e Tintoretto, a tal proposito possiamo rammentare la brillante veste arancio che il Robusti inserì nel suo Cristo in casa di Marta e Maria conservato nella Pinacoteca di Monaco (Fig 24).

14 - Tintoretto, Radiografia del San Giorgio che uccide il drago 1560.

14 – Tintoretto, Radiografia del San Giorgio che uccide il drago 1560.

Dopo il blu veneziano, l’azzurrite e gli smalti vi sono le lacche, queste si ottenevano attraverso l’impiego delle preziosissime tinte per le stoffe. Per ottenere questi colori serviva una lunga e complessa lavorazione e l’impiego di notevoli quantità di colorante, in particolar modo per ricavare i toni più scuri. Il pigmento più prezioso, il chermes che veniva ricavato dalla lavorazione di un insetto, la cocciniglia. Questa lacca permetteva di ottenere delle buone velature come possiamo vedere nella Madonna del coniglio di Tiziano al Louvre (Fig. 25), per l’esattezza nella veste di Maria.

Una seconda versione della lacca rossa prevedeva che questo venisse mischiato con l’azzurrite, portando a una tinta più opaca che possiamo vedere nella Sacra famiglia con il pastore di Tiziano alla National Gallery di Londra (Fig. 26) utilizzata per l’abito della Vergine, e il drappo della dama e nella Crocifissione di Tintoretto in Santa Maria del Rosario (Gesuati) 14

15 - Tintoretto, Figura maschile disegno.

15 – Tintoretto, Figura maschile disegno.

Una variante della più nota cocciniglia è la lacca di Robbia, sono state reperite traccie di questa terza tipologia di rosso in alcune opere di Tiziano e nel Polittico di Recanati di Lorenzo Lotto, per l’esattezza nel mantello della Vergine e nello stendardo di San Vito (Fig. 27). La lacca di Robbia ha una tinta più aranciata rispetto alla più preziosa cocciniglia che è più violacea. Ciò permette di poter scegliere quale delle due adottare, se non proprio di farle convivere all’interno di una stessa opera, ancor più che la differenza tra le due è percepibile già ad occhio nudo.

Ciononostante le carte d’archivio ci pongono d’innanzi a qualcosa di inatteso: in nessun libro, ordine d’acquisto, ricetta o manuale viene mai menzionata la lacca di Robbia. Anche negli ordini di Tiziano non compare mai questa lacca, ma figura la lacca di Terzino, che si otteneva dalla Caesalpinia echinata un albero che cresce in Brasile. Quest’ultima però non viene

16 - Tintoretto, Allegoria della Felicità.

16 – Tintoretto, Allegoria della Felicità.

mai rilevata dalle analisi chimiche al contrario della lacca di Robbia, a questo punto sorge il dubbio più che fondato: che i due prodotti non siano stati confusi l’uno per l’altro.

Si è quindi potuto constatare che l’unione tra la ricerca d’archivio e le analisi scientifiche ha portato all’eliminazione del

17 - Tintoretto, Riflettografia dell'Allegoria della Felicità.

17 – Tintoretto, Riflettografia dell’Allegoria della Felicità.

“pregiudizio vasariano”, secondo il quale i pittori veneziani del Cinquecento non sapevano o non volevano disegnare, con il conseguente affacciarsi di una nuova problematica all’interno del mondo della storia dell’arte: la differenza tra il disegno toscano e quello veneziano del XVI secolo, stili completamente distinti, ma che, al contempo, hanno raggiunto risultati egualmente stupefacenti se non ineguagliabili.

L’analisi scientifica in ambito storico artistico è un settore ancora in continua evoluzione, ma già si possono ammirare straordinari risultati ottenuti dall’analisi dei pigmenti e dei materiali, dalle radiografie e dalla

18 - Tintoretto, Possibile disegno preparatorio per l'Allegoria della Felicità.

18 – Tintoretto, Possibile disegno preparatorio per l’Allegoria della Felicità.

riflettografia a infrarosso. Una tecnologia emergente è poi quella dell’analisi dei leganti attraverso l’ausilio della cromatografia.

Dato che Venezia ha avuto un ruolo fondamentale per l’evoluzione della pittura ad olio, non si può trascurare certo la questione della tecnica e quindi dei pigmenti, i quali risultano di rilevanza fondamentale nella pittura di Giorgione, Tiziano, Lotto e di molti altri maestri veneziani loro contemporanei. Senza considerare che poi la tecnica dei pittori veneziani del Cinquecento influenzerà anche tutto il panorama storico artistico e la sua produzione per secoli, fino ai giorni nostri. La collaborazione interdisciplinare tra storici dell’arte, scienziati e restauratori è quindi indispensabile al fine di riuscire a carpire sempre meglio il segreto della pittura dei grandi maestri veneziani del XVI secolo.

19: Tiziano, Ritratto di Alvise dalla Scala XVI sec.

19: Tiziano, Ritratto di Alvise dalla Scala XVI sec.

20 - Tiziano, Bacco e Arianna 1520 - 1523.

20 – Tiziano, Bacco e Arianna 1520 – 1523.

21 - Paolo Veronese, Convitto in casa di Levi 1573.

21 – Paolo Veronese, Convitto in casa di Levi 1573.

22 - Paolo Veronese, Nozze di Cana 1563, particolare del suonatore.

22 – Paolo Veronese, Nozze di Cana 1563, particolare del suonatore.

23 - Tiziano, Assunzione della Vergine 1516.

23 – Tiziano, Assunzione della Vergine 1516.

24 - Tintoretto, Cristo in casa di Marta e Maria 1567.

24 – Tintoretto, Cristo in casa di Marta e Maria 1567.

25 - Tiziano, Madonna del coniglio 1530.

25 – Tiziano, Madonna del coniglio 1530.

26 - Tiziano, Sacra Famiglia con il pastore 1510.

26 – Tiziano, Sacra Famiglia con il pastore 1510.

27 - Lorenzo Lotto, Polittico di Recanati 1506 - 1508.

27 – Lorenzo Lotto, Polittico di Recanati 1506 – 1508.

Note:

1) A tal proposito si veda J. SCHLOSSER, La letteratura artistica: manuale delle fonti della storia dell’arte moderna, La nuova Italia, Scandicci (Fi), 1996.

2) La riflettografia a infrarosso oltre che a permettere la visione del disegno soggiacente riesce a identificare anche i pigmenti adoperati. Questa caratteristica rende questo tipo di esame assolutamente indispensabile perché ci permette di riconoscere i pigmenti senza la necessità di prelevarne un campione, quindi evitando di creare lesioni al dipinto. In più potendo scorgere il disegno originario ora è possibile rilevare oltre ai pentimenti dell’artista anche la sua idea originaria.

3) Estratto dalla Vita di Tiziano da Cador pittore in G. VASARI, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Orsa Maggiore Editore, Torriana (Forlì), 1991, pp. 1285 e 1286.

4) Estratto dalla Vita di Tiziano da Cador pittore in G. VASARI, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Orsa Maggiore Editore, Torriana (Forlì), 1991, p. 1292.

5) Estratto dalla Vita di Giorgione da Castel Franco pittor viniziano in G. VASARI, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Orsa Maggiore Editore, Torriana (Forlì), 1991, p. 569.

6) Estratto dalla Vita di Tiziano da Cador pittore in G. VASARI, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Orsa Maggiore Editore, Torriana (Forlì), 1991, p. 1285.

7) Estratto dalla Vita di Tiziano da Cador pittore in G. VASARI, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Orsa Maggiore Editore, Torriana (Forlì), 1991, p. 1289.

8) Per il rapporto di dipendenza tra le due tele di Diana e Callisto si guardi A. GENTILI, Da Tiziano a Tiziano, mito e allegoria nella cultura veneziana del Cinquecento, Bulzoni Editore, Roma, 1988 pp 183 a 204.

9) All’interno del testamento di Gerolamo da Ponte (terzo figlio di Jacopo Bassano) è stata rinvenuta una testimonianza dell’esistenza dell’archivio. Tant’è vero che qui vengono menzionate “ventiquattro pezzi e sei opere in carta”, quindi dipinti e disegni. L’ipotesi di un archivio di disegni è anche suffragata dal Ballarin che riconosce un indubbia sicurezza e precisione in questi disegni che molto probabilmente sono serviti come cartoni preparatori e non come meri ricordi come alcuni hanno supposto.

10) La quadrettatura è una tecnica di ingrandimento in scala che ci viene tramandata dal Medioevo, infatti viene menzionata anche all’interno dei ricettari dell’epoca. Nonostante l’evoluzione tecnica questa pratica non è mai stata abbandonata e resta tuttora attuale e impiegata, tant’è vero che viene ancora insegnata nelle scuole e Accademie d’arte.

11) Anche il Vasari tra le righe della Vita di Tiziano ammette che tutti i pittori veneziani disegnano e realizzano cartoni preparatori: “E tutto che si è fatto in Vinezia è venuto dal disegno di Tiziano e d’altri eccellenti pittori, che n’hanno fatto disegni e cartoni coloriti, acciò l’opere si conducessino a quella perfezione a che si veggiono condotte quelle del portico di San Marco, dove in una nicchia molto bella è il giudizio di Salomone tanto bello, che non si potrebbe in verità con il colore fare altrimenti”.

G. VASARI, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Orsa Maggiore Editore, Torriana (Forlì), 1991, pp. 1298 – 1299.

12) La spettrometria di massa è una particolare tecnica di analisi atta all’identificazione di sostanza sconosciute.

13) L’attività letteraria di Gianpaolo Lomazzo è riportata anche all’interno dell’opera di J. SCHLOSSER, La letteratura artistica: manuale delle fonti della storia dell’arte moderna, La nuova Italia, Scandicci (Fi), 1996.

14) Dal nuovo mondo giunse una nuova specie di cocciniglia, questa rischiò di mandare in crisi la produzione veneziana o di farne calare il prezzo.