Mi è sembrato di vedere una pattuglia in avanguardia…

a cura della redazione

Abbiamo chiesto a un artista(1) della terza generazione della Scuola di Milano di raccontarci la sua rassegna del MiArt 2023, con gli occhi di un potenziale collezionista in cerca di opere da trasmettere alle future generazioni.

La nostra guida segnala:

(immagini delle opere a piè di pagina)

Artemisia Fine Art, Lucio Fontana Senza titolo, 1950: il piatto in ceramica realizzato ad Albissola è servito al maestro per sperimentare l’uso del materiale ceramico che in un secondo momento porterà alla lavorazione per il ciclo di opere dal titolo “La via Crucis”;

Gall. Astuni, Maurizio Mochetti, Pinguino camouflage 1987-97: appartiene alla poetica dell’autore relativa alla percezione del colore, in particolare riproduce il metodo del colore gestaltico, al contrario del colore naturalistico che tende a confondere l’oggetto con l’ambiente;

Artemisia Fine Art, Lucio Fontana Senza titolo, 1950: il piatto in ceramica realizzato ad Albissola è servito al maestro per sperimentare l’uso del materiale ceramico che in un secondo momento porterà alla lavorazione per il ciclo di opere dal titolo “La via Crucis”;

Artemisia Fine Art Ugo La Pietra, Il giardino delle delizie, 2019: è un’opera che evidenzia il segno;

Bottega Antica, Domenico Belli, Dramma spaziale, 1931: opera di dinamismo delle forme futurista, che si trasformano nello spazio dando alla composizione la cifra tipica dell’aeropittura;

Cortesi Gallery, Giacomo Balla, Paesaggio+volo di rondini, 1919: il maestro Balla ha da sempre studiato il volo degli uccelli, in particolar modo quello delle rondini per la morfologia del volatile che si avvicina molto ai primi studi di realizzazione di aereomobili. A questo punto entra in gioco il dinamismo che viene tracciato ed evidenziato in quest’opera;

Cortesi Gallery, Mimmo Paladino, Figura con stella, 2000: la figura di notevoli dimensioni e con l’apporto di una superficie vitrea, che fa da ripiano a una stella multipunte, è metafora di bussola per l’essere umano de terzo millennio;

Dellupi arte, Hans Hartung, 1966-1967: il maestro Hartung in queste opere del ’67 inizia a consolidare la sua poetica del graffio, e di queste superfici che vengono intaccate perdendo colore, per evidenziare una parte importante della propria esistenza;

EricaRavenna_AlighieroBoetti_Una parola al vento…1989: la forma insolita dell’arazzo per Boetti, che si sviluppa a rettangolo verticale, fa parte del ciclo dei cosiddetti arazzi con lettere, che l’artista ha realizzato insieme alle raffigurazioni delle donne afghane durante l’occupazione sovietica. La disposizione del testo ricorda la scultura orientale;

Farsetti, Emilio Scanavino, Bestiario, 1961: il gesto di Scanavino, seppur presente anche in altri artisti coetanei, offre in questo particolare lavoro un’unicità in quanto propone un proprio alfabeto del gesto;

Farsetti Gino Severini Rythme de danse à l’Opera 1950: lavoro particolare in quanto, anche se di formazione futurista, qui eleva una propria personalità che fa delle forme una propria cifra, tanto è vero che il titolo ci dà l’idea di una scenografia teatrale con danzatori;

Farsetti Ottone Rosai Il Vecchio (Il povero) 1934: opera di dimensioni maggiori che identifica uno stato sociale contemporaneo al maestro, e sottolinea la condizione dell’uomo. Infatti il prolungamento del titolo richiama la condizione esistenziale della povertà;

Gall Fumagalli_ANNE E PATRICK POIRIER: nell’eclettico lavoro di questa creazione c’è una mappa a rilievo monocromatica che evidenzia il rapporto tra spazio urbano e uomo;

Gall. Russo Alberto Savinio Nascita di Venere 1950: l’estrazione classica qui evidenziata dal maestro Savinio porta con sé la mitologia e nascita della sua formazione, come e ancor più presente nel fratello;

Galleria Poggiali Arnulf Rainer senza titolo_1998: questa è un’opera appartenente a un ciclo che accompagna da sempre il maestro: la Croce. Tale simbolo è da intendersi non solo in senso religioso, ma anche come fondamento della cultura occidentale che è verticale, e come punto di partenza per una sacralità che in questo caso può anche essere laica;

Gian Enzo Sperone Mimmo Paladino Non avrà titolo 1986: all’apparenza simboli geometrici, che sono anche lettere, implicano un codice che con la figura frontale tridimensionale accoglie e trasmette il messaggio sacro, dato l’utilizzo del colore oro per la composizione dell’opera, metafora cromatica del divino;

Gian Enzo Sperone, Nicola de Maria, Suitcase 1986: esponente della Transavanguardia, sceglie nella valigia da viaggio il simbolo del trapassare l’avanguardia storica, proiettandosi nel futuro. La valigia infatti non solo trasporta con sé la storicità dell’arte, come base da cui partire per poter andare “oltre” l’avanguardia, ma cita la meta-fisica di Carrà, per un oltre ogni sguardo;

LiaRumma, Ettore, Spalletti, Dittico, oro 9, 2019: guardando di fronte il dittico appare come un unico monocromo rosa, ma conoscendo il maestro si riconoscono infinitesimi passaggi di pigmenti puri a polvere rosa che ne fanno la composizione. Quest’ultima da brevissima distanza ci permette di osservare le molteplici tonalità. Delicatissimo e poetico lavoro di Spalletti che trasmette la fragilità umana. Questo fa sì che il colore oro presente ai bordi dell’opera implichi la presenza del sacro;

Mazzoleni, Agostino Bonalumi, Bianco, 1968: un anno cruciale per uno dei grandi esponenti della spazialità trasmessa con l’estroflessione. Il tentativo con i suoi colleghi di non limitare l’opera, notoriamente bidimensionale, che in questo modo si proietta verso l’osservtore, avvalorando la fruizione estetica;

ML fine art, Fausto Melotti, bozzetto per scenografia, 1985: il rapporto di Melotti con il teatro si addensa di forme semplici e verticali, quali allegoria della nostra cultura occidentale, che è verticale. Dobbiamo mentalmente ampliare la scala dell’opera per posizionarla su un palcoscenico che ne completa lascenografia!

ML fine art, Giacomo Balla, Lettera con il motivo della Linea di velocità+paesaggio, 1914: in questa lettera indirizzata al futuro, che apre spazi ancora indeterminati alla poesia visiva e a un’astrazione di taglio occidentale, la scrittura presagisce già ciò che verrà mostrato nell’opera del 1919 “Volo di rondini”;

ML fine art, Giacomo Balla, Linea di velocità+paesaggio, 1915: una sintesi magistrale del manifesto: l’arte diventa attuale!

ML fine art, Tancredi, senza titolo, 1954: tra i divin fanciulli del secolo breve, era proiettato in una ricerca di astrattismo che avrebbe impegnato i successivi cinquant’anni della ricerca artistica. Una difficoltà di vivere, e non del creare, è stata intercettata da un’intelligenza acuta come quella di Peggy Guggenheim, che ne ha fatto il suo protetto fino all’estremo sacrificio;

Montrasio arte, Leoncillo Leonardi, senza titolo, 1966: l’anno di nascita di questa scultura, indica inesorabilmente la venuta al mondo di una nuova idea, fermata plasticamente nel bronzo, in questo piccolo lavoro – viste le dimensioni importanti delle opere di Leoncillo – ma di sintesi assoluta. Un maestro oggi giustamente riscoperto e rivalutato;

G Gallery, Claudio Parmiggiani, senza titolo, 2017: cenere e combustione! Lascia un’ombra di quello che era, e la forza dell’opera è quello che ci rimane. Lascia pensare alla precarietà dell’esistenza umana;

OG Gallery, Ettore Spalletti, Fior di primavera, grigio, argento, 2013: un’opera rara, nella poetica dell’artista, perché c’è l’utilizzo di pigmenti bianchi e una conclusione dello spazio con l’argento;

Repetto gallery, Pier Paolo Calzolari, senza titolo, 1986: qui l’opera è composta con il sale combusto, una noce e del piombo, dove quest’ultimo ne fa da cornice, chiudendo la composizione. Sono gli elementi che da sempre identificano la ricerca del maestro;

Richard Soulton Sandro Chia senza titolo 1979: è un ritorno alla pittura, quello di questo esponente della Transavanguardia, in un lavoro maturo dell’artista, come denota la composizione;

Tornabuoni, Alberto Burri, combustione, 1960: opera di equilibri magistrali, in sordina;

Tornabuoni, Picasso, Etude pour Taureau 1957: una deduzione di spazio plastico attraverso la simbologia centrale taurina; sommatoria di punti, linee e superfici rientranti nell’allegoria del mito.

(1): Paride Ranieri, Maestro del “frammento”