Lo studiolo del duca, il ritorno degli uomini illustri

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L’11 Marzo è stata inaugurata presso il Palazzo Ducale di Urbino la mostra “Lo studiolo del duca, il ritorno degli uomini illustri”, visitabile fino al 4 luglio.

L’evento, promosso dalla Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed

Dante

Dante

Etnoantropologici delle Marche e dalla Regione Marche, con la partecipazione del Museo del Louvre e la collaborazione del Comune di Urbino, è volto a riaprire un capitolo fondamentale della storia di Urbinate e in particolar modo dello studiolo voluto dal duca Federico da Montefeltro.

Dopo quattro secoli, infatti, lo Studiolo di Palazzo Ducale torna eccezionalmente all’aspetto originario grazie al prestito da parte del Louvre dei 14 ritratti di Uomini illustri conservati oggi a Parigi. In origine questo “scrigno” che si trova nel cuore del Palazzo, composto da una decorazione in tarse lignee, fu commissionato alla bottega di Baccio Pontelli e ospitava nella fascia mediana e più alta 28 pannelli con  i ritratti dei “famosi” uomini illustri. Il duca Federico, li aveva voluti far ritrarre così che, ogni volta che si

studiolo urbino

studiolo urbino

ritirava a meditare nel piccolo spazio privato, avrebbe potuto trarre ispirazione dai grandi del passato come Aristotele, Bartolo, Bessarione, Boezio, Cicerone, Euclide, Ippocrate, Mosè, Omero, Petrarca, Salomone, Sant’Agostino, Sant’Ambrogio, Sant’Alberto, San Girolamo, San Gregorio, San Tommaso, Scoto, Seneca, Solone, Pio II, Platone, Tolomeo, Virgilio, fino a Dante, Sisto IV Petrarca e Vittorino da Feltre, ritenuti all’epoca adeguati al suo disegno intellettuale e politico.

Le analisi sulle opere hanno permesso di attribuirle al fiammingo Giusto di Gand, di cui Federico non fu però del tutto soddisfatto, e probabilmente a Pedro Berruguete, l’artista spagnolo che nel 1477 risultava residente presso il Palazzo Ducale. Purtroppo 14 pannelli oggi non sono più conservati nel loro contesto originario, ma sono esposti al Louvre, dove sono giunti a fine Ottocento dopo essere passati di collezione in collezione.

La casata Montefeltro, passata poi ai della Rovere, si chiude tristemente

S.Tommaso

S.Tommaso

con la morte precoce del Duca Federico Ubaldo della Rovere, avvenuta il 28giugno 1623 a Urbino. L’anziano duca Francesco Maria II della Rovere, in età avanzata e senza più un erede maschio, dovette devolvere il ducato all’autorità pontificia, preoccupandosi, però, di tutelare gli interessi della nipote Vittoria, sposa di Ferdinando II De Medici, figlio del grande duca Cosimo II, assicurandole in eredità i beni liberi dai vincoli feudali e il ricchissimo patrimonio di beni mobili, comprensivo di opere d’arte e oggetti preziosi di altro genere.

Con il trasferimento della futura granduchessa di Toscana a Firenze si dava, così, inizio al trasporto dei beni, fino a dopo la morte di Francesco Maria II, avvenuta il 28 aprile 1631. In questo modo i tesori d’arte dei della Rovere entrarono a far parte del patrimonio di Firenze.

Il patrimonio mobile e immobile rimasto nell’ormai ex ducato passò nelle mani del Cardinale Antonio Barberini che, affascinato dai ritratti, li fece schiodare e segare per poi portali nel suo palazzo privato di Roma. Per questioni ereditarie i 28 dipinti furono divisi e chi seppe approfittare di questo momento fu il Cardinale Fesh, zio di Napoleone, che, godendo

Seneca

Seneca

della protezione papale per aver sostenuto con successo la causa della chiesa presso l’imperatore, aveva avuto mano libera nelle sue ambizioni di collezionista, riuscendo a formare una quadreria con ben sedicimila dipinti ivi compresi i pannelli dello studiolo. Dopo la sua morte nel 1839, la collezione venne venduta all’asta  disseminando in pochi anni la collezione in tutta Europa; solo una piccola parte di questi dipinti giunse ad Ajaccio dove il Cardinale aveva fatto costruire poco prima un apposito edificio dove poter accoglierla. Nel 1845 una parte della sua collezione, ovvero i 14 ritratti dello studiolo, fu venduta al Marchese Giampietro Campana. Considerata dai contemporanei la più ricca collezione privata del XIX secolo, la “raccolta campana” si era formata grazie a questo eccentrico e intraprendente personaggio. Dotato di spirito imprenditoriale e favorito da poteri gestionali quasi illimitati, Campana riuscì a raccogliere più di seicento quadri composti da primitivi italiani, ma anche maestri del Seicento e del Settecento, tuttavia la sua passione per l’arte lo portò a compiere investimenti sbagliati, così che, sommerso di debiti, il 28 novembre 1857 fu arrestato con l’accusa di peculato. La grande collezione venne, da quel momento in poi, barbaramente sezionata e suddivisa da tra diversi compratori: Inghilterra, Francia e Russia. Napoleone II, a capo della Francia e legato da vincoli di riconoscenza verso la famiglia del marchese, riuscì ad ottenere i 14 dipinti dello studiolo, perdendo, tuttavia, il resto della collezione. La sua collezione confluì nel Museo di Napoleone III, che il sovrano stava costruendo per celebrare la sua fama. Inaugurato il 1 maggio 1862, il museo di Napoleone III ebbe vita breve in quanto pochi mesi dopo i suoi oppositori riuscirono a farlo chiudere e a far confluire le collezioni presso il Museo del Louvre.

La seconda parte della collezione fu acquistata dallo Stato Italiano nel 1934 a seguito dell’accordo sul Fidecommesso Barberini che la restituì alla Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici delle Marche. Attualmente le 14 tavole sono collocate nello studiolo del Palazzo Ducale di Urbino

Aristotele

Aristotele

mentre le altre 14 opere sono al Louvre e delle fotografie a scala naturale le sostituiscono nello Studiolo, esposte sulla base della ricostruzione fatta da Pasquale Rotondi, all’epoca sovraintendente della regione Marche. La mostra è inserita nel calendario degli eventi proposti dalla Regione Marche per valorizzare il territorio in occasione di EXPO 2015 ed è uno dei progetti di punta del Distretto Culturale Evoluto Marche. Un evento quanto mai atteso che assume un senso ancor maggiore alla luce del vasto progetto di indagini condotto dalla Soprintendenza di Urbino con le Università di Urbino e Bologna, parallelamente ad analoghi studi diagnostici da parte del Centre de Recherches des Musées de France. L’eccezionale ricomposizione dello Studiolo è accompagnata da un apparato multimediale che permette un approfondimento sull’opera e sul contesto storico ed artistico nel quale essa ebbe origine, nonché un excursus sul percorso d’indagine e studi condotto in questi anni.