Pedro Cano – Christian Flores: due maestri dell’acquerello in Lombardia

di Sarah Boglino

Giovedì 28 aprile ha inaugurato al Museo della Permanente di Milano la mostra “Teatros” dell’artista spagnolo Pedro Cano, organizzata Fundacion Pedro Cano e curata da Giorgio Pellegrini in partenariato con l’associazione La Stanza dell’Arte e in collaborazione col Centro Studi Milano ‘900.

Il 27 maggio a Monza all’interno della rassegna Monza in Acquerello a cura dell’Assessore alla Cultura Massimiliano Longo e Tiziana Tagliabue, che si svolgerà fino al 29 maggio, all’interno della sezione dedicata ai maestri internazionali dell’acquerello compariranno due grandi opere dell’artista peruviano Christian Flores.

Sarà l’occasione per vedere come due generazioni si confrontano con una delle tecniche più complesse e raffinate del panorama artistico visivo.

Al Museo della Permanente sono esposti 16 acquerelli su fogli di carta di grande formato, che approdano a Milano dopo una prima tappa al Museo del Teatro Romano di Cartagena. Vi è celebrata la bellezza dei teatri antichi con lo stile intimistico ed emotivo dei taccuini di viaggio.
Già dalle didascalie si coglie come l’autore abbia eliminato ogni inclinazione didascalica a favore di brevi appunti che ricordano i cahiers di viaggio: Taormina, Bosra, Málaga, Villa Adriana, Alessandria, Leptis Magna, Petra, Herodes Ático, Cartagena, Apollonia, Mérida, Ostia Antica, Aspendo, Sabrata, Kos, Palmira, sono le mete di questo moderno vedutista che, in viaggio, riesce a fermare l’immagine grazie a una tecnica veloce che richiama la pittura en plein air. Ciò tuttavia è vero solo in parte… Infatti, queste 16 opere sono il frutto di numerosi anni di lavoro e recano impressa la traccia mnemonica del vissuto emotivo dell’artista, rielaborato in studio sulla base dei taccuini. Vi si riconosce l’incanto di questi luoghi sparsi lungo le sponde del Mediterraneo. Si tratta, come confida l’artista stesso, di «un viaggio sentimentale attraverso l’immenso specchio azzurro».
E il fatto che siamo davanti a immagini tinte di sentimento è suffragato dall’impiego di pochi colori che fanno da cassa di risonanza delle emozioni, dove il teatro diventa la quinta scenica di uno spettacolo avente per protagonista il tempo e coro la memoria. Non vi sono dettagli aneddotici da cartolina ma ad ampie campate cromatiche si sovrappongono ogni tanto guizzanti tratti brevi e nervosi; ciò perché, come spiega l’artista, l’intento è «di non banalizzare le opere con un eccesso di descrizioni per portarvi l’emozione custodita nei viaggi di oltre 30 anni». Le forme, le luci e le ombre che si addensano nei portici sono costruite unicamente col pigmento, senza alcuna presenza di disegno preliminare.

Il tema del teatro, che al tempo di Augusto divenne un simbolo del progresso culturale, riconoscibile nelle sue declinazioni greca e romana, è da Cano approfondito in base all’architettura e al rapporto tra cavea e tribuna. Nel teatro di Cartagena il pittore, come nota il dott. Saccomani, Presidente della Stanza dell’Arte, «mette gli occhi sulla potente tribuna e sulla suggestiva sovrapposizione della Cattedrale Vecchia sui resti della cavea. La chiesa appare qui come testimone delle diverse costruzioni che hanno nascosto per secoli il vecchio teatro, riscoperto sotto quel popolare quartiere dei pescatori visitato dall’artista adolescente. Il viaggio narrato da Cano prosegue attraverso antiche città di Turchia, Siria, Arabia… tra queste leggiamo, complice il suo sguardo, l’immensa cavea del teatro di Aspendos, o la scenografica facciata del teatro di Palmira che è rappresentata con i toni ocra di un’alba vissuta nel sito archeologico. L’enorme teatro di Bosra mette in risalto le sue colonne di marmo bianco della cavea.
Non poteva mancare in questo intimo viaggio dell’artista tra i teatri mediterranei la città nascosta dei Nabatei, Petra, nella attuale Giordania, con la tribuna scolpita nella roccia rossastra della montagna, dipinta con tutta la gamma cromatica di una pennellata che va dal salmone al rossastro.»

All’inaugurazione della mostra milanese, una sincera e profonda ammirazione, palpabile, di un pubblico che segue l’artista da anni segue con attenzione la spiegazione fornita dall’artista spagnolo, nato a Blanca nel 1944 e trasferitosi all’età di vent’anni a Madrid dove frequenta la Scuola Superiore di Belle Arti di San Fernando; nel 1969 vince il Prix de Rome all’Accademia di Spagna dove rimane per tre anni per poi trasferirsi ad Anguillara, sul Lago di Bracciano. Nel 1976 compie un viaggio in America Latina dalla cui esperienza è nato “Diario di viaggio”, che verrà esposto a Roma, Milano, Bari, Villach, Bolzano, Salisburgo. Negli anni ’80 l’artista si reca a New York dove vive per 5 anni. Diverse esposizioni lo vedranno in questo periodo presente a New York e a Dallas. Nel 2000 e nel 2005 espone a Palazzo dei Normanni a Palermo; al 2008 risale la mostra itinerante Identità in transito con tappa alle Terme di Diocleziano a Roma e successivamente a Palazzo Vecchio a Firenze. Nel 2010 nasce a Blanca la Fondazione Pedro Cano, che raccoglie in uno spazio museale circa duemila lavori dell’autore, tra i quali spiccano i notissimi quaderni di viaggio, preziose testimonianze che documentano le sue continue esplorazioni da moderno grand tourist. Altre esposizioni sono state ospitate a Palazzo Reale di Napoli, al Museo Archeologico di Salonicco, alla Sala della Veronica a Murcia, alla Fondazione Stelline a Milano, alla Galleria Giulia a Roma.
È membro dell’Academia Real di Belle Arti di Santa Maria Arrixaca ed è stato insignito dal re Juan Carlos della “Encomienda de Nùmero de Isabel la Catòlica”, ha ricevuto la Medaglia d’Oro della Regione di Murcia, è Accademico onorario della Pontificia e Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere “dei Virtuosi al Pantheon”, è Dottore Honoris Causa dell’Università di Murcia.

All’interno del contest internazionale dedicato all’acquerello che avrà luogo a Monza, emergono i lavori di Christian Flores.

Su due carte di grandi dimensioni campeggiano due figure appartenenti alla serie dei “Senza nomi”, risalente al 2017, dedicata al tema dei migranti nella loro condizione di ricerca di identità nel paese ospite. Dalle didascalie apprendiamo che si tratta di un Ingegnere e di un Insegnante: una qualifica ma non ancora una inclusione sociale. Il paesaggio, protagonista in Pedro Cano, ora scompare: è il contesto a diventare anonimo mentre i ritratti di grandi dimensioni che si stagliano in posizione frontale sul fondo bianco acquistano la levatura di eroi. Secondo l’interpretazione di Marinacci, direttore del Centro Studi Milano ‘900 che detiene l’archivio dell’artista, “analogamente a Portrait and a dream di Jackson Pollock del 1953, il disegno è sogno arcano e il pigmento resta l’unica ragione di identità”.

La tecnica è piegata dall’artista all’intento espressivo. Quella che vede Christian Flores Saavedra non è la materia che si nasconde sotto la pelle di un bambino o di un adulto, che le pagine dei giornali e dei media quotidianamente ci consegnano attraverso immagini dei genocidi, delle deportazioni, delle grandi e piccole guerre – non ultima quella contro un nemico invisibile come il Covid19 – che disegnano la mappa dei sempre più perduti confini del nostro pianeta; immagini bidimensionali che lasciano però pelle e materia intatte, visibili ma intoccabili, quasi fissate per sempre in una crisalide fuori dal tempo grazie al magico impasto della fotografia, come i corpi di Pompei, morti tragicamente ma oggi null’altro più che oggetto fotografico per turisti.

Flores ci invita a guardare davvero, ad avvicinarci alla materia pulsante di cui è fatto l’uomo, e scopriamo così che quella è prima di tutto carne viva: non più semplicemente quella di un bambino, di un adulto, di un vecchio, ma di un figlio, di una madre, di un fratello, di un padre. I legami di sangue si vedono, ci dice Flores, e nella sua pittura si toccano!
Sono quelli i legami che uniscono l’intera umanità, i soli che possono traghettarla al di là delle guerre, dei nemici che si nascondono sotto la pelle, dentro la carne, e che ci rendono tutti padri, madri, figli di una terra comune.

Ecco che negli acquerelli di Flores – tecnica scelta per i poteri alchemici che ha di trasformare le terre colorate in immagini – vediamo apparire sui volti e sui corpi la sottile rete che lega il profondo di ciascuno di noi. Dentro la carne, sulla terra, Flores ci indica la nuova mappa che potrà guidare l’umanità in cammino.