La colpa grave degli asili e delle scuole elementari che non si aggiornano alle ormai note rilevanze delle neuroscienze

Riccardo Panigada

Aristotele aveva già individuato ed espresso la natura dell’uomo in una definizione sintetica quanto completa: “l’uomo è animale sociale dotato di ragione”. Ne consegue pertanto che la felice realizzazione di ogni persona si può raggiungere solamente mediante la serena integrazione sociale, e nella libertà di esprimere le proprie facoltà intellettuali.

Molti secoli dopo, Freud ha poi mostrato quanto sia importante nascere e crescere in un ambiente sereno e adeguato ai fondamentali bisogni dell’infanzia, in quanto eventuali privazioni nei primi anni di vita potranno lasciare gravi segni nella psiche delle persone per tutta la durata della loro esistenza successiva.

Ma oggi, le neuroscienze hanno dimostrato che la natura umana ha opportunità di esprimersi adeguatamente solo se il cervello dei primi anni di vita viene fornito degli stimoli e del supporto ambientale utile a un suo adeguato sviluppo biologico, tanto che non fornire ai bambini le opportunità di cui ha bisogno il loro cervello per svilupparsi normalmente risulta essere colpa grave, o anche crimine.

E’ infatti l’ambiente in cui si nasce e si inizia a interagire che induce la simultanea e perfettamente coerente formazione nel cervello di hardware biologico e software culturale nei primissimi anni di vita.

L’architettura del cervello (hardware biologico) si forma seguendo gli stimoli che arrivano dall’ambiente esterno attraverso i sensi, i quali predicono quali sistemi (software) saranno necessari per gestire la vita in armonia con quell’ambiente.

Si immagini infatti una intricatissima matassa di fili in grado di condurre segnali trasportati da scariche elettriche. Si avrà allora una rappresentazione, per quanto approssimativa, della struttura fine cervello.

Nella metaforica matassa i “fili” rappresentano le fibre nervose, le quali sono costituite da cellule (i neuroni), disposte in serie continua una di seguito all’altra (figura in apertura). I neuroni che costituiscono una fibra nervosa sono cellule molto lunghe e sottili, e sono in contatto elettrico attraverso le loro reciproche terminazioni (sinapsi) per condurre il segnale nervoso; ma sono raggiunte anche da altri neuroni che le pongono in rapporto con altre fibre che le incrociano a vari livelli, e ricevono quindi segnali anche in diversi punti della loro estensione (si veda figura 1).

Nel cervello ci sono più di novanta miliardi di neuroni, ognuno dei quali è collegato, direttamente o indirettamente ad altri ventimila. Pare che ci siano più contatti in un cervello appena nato che stelle in cielo… La natura ha pensato a un’architettura tanto complessa, al fine di attribuire al cervello umano il massimo delle possibilità di adattamento all’ambiente. Ecco infatti quello che succede a partire dai primi istanti di vita.

Figura 1
Figura 1

Quando attraverso i cinque sensi del neonato vengono raccolti dall’ambiente esterno specifici segnali sensoriali, giungono al cervello dal sistema nervoso periferico (che è esteso su tutto il corpo) stimoli sotto forma di impulsi elettrici, i quali raggiungono precise aree del cervello destinate a riconoscerli (aree sensoriali del tatto, dell’udito, della vista, dell’olfatto, del gusto).

Tali aree, dotate della capacità di riconoscere stimoli tattili, uditivi, visivi, gustativi, olfattivi, sono infatti già predisposte alla nascita grazie a trasmissione ereditaria, e si trovano in precise zone della corteccia cerebrale (che è lo strato che ricopre tutto l’encefalo contenuto nella scatola cranica).

Ma sarà il ripetersi di stimoli uguali, per esempio degli stessi suoni che “abituerà” la zona della corteccia uditiva a quei suoni, la quale, dopo un certo periodo riconoscerà quei suoni come maggiormente familiari, rispetto a tutti gli altri suoni.

Si è sopra usato il verbo “abituare”, riferito all’abituazione sensoriale, e bisogna quindi spiegare cosa ciò possa significare nei primissimi anni di vita. Infatti gli stimoli che giungono ripetutamente alla corteccia del cervello non ancora maturo, agiscono in modo tale che i neuroni che li raccolgono arruolino accanto a sé stessi altri neuroni contigui, formando dei fasci nervosi sempre più consistenti, stabili, e pronti a riconoscere quel tipo di stimoli. Col passare del tempo, si formeranno allora delle “piste” di nervi, le quali costruiranno una rete che verrà via via a perfezionarsi secondo un’architettura specifica sempre più adatta a riconoscere stimoli sensoriali di sempre maggiore complessità, ai quali il cervello venga esposto con maggiore frequenza nei periodi successivi.

Architettura che verrà poi fisicamente resa stabile, in quanto i fasci di nervi che la costituiscono saranno ricoperti da una sostanza isolante, detta “mielina”.

Se, per esempio, si sarà costituita e stabilizzata una rete nervosa secondo l’architettura specifica che consente la comprensione e la gestione della sintassi lingua italiana, tale architettura permarrà per tutta la vita, e la lingua italiana sarà la lingua madre del soggetto.

Purtroppo, però, se non arriveranno in tempo al cervello stimoli utili a indurre la formazione di reti nervose che permetteranno al bambino di acquisire determinate abilità, nonché di svolgere le corrispondenti funzioni linguistiche, quelle stesse funzioni non potranno mai più essere acquisite. Poiché, per quanto riguarda la possibilità di acquisire abilità “native” esiste in ogni organismo un “orologio biologico”, che, per esempio, per quanto concerne la lingua, segna il termine della possibilità di acquisire la facoltà di imparare a parlare intorno ai primi 3-4 anni di vita.

Allo scadere di tale termine il bambino non potrà mai più imparare nessuna lingua umana, essendo terminato il periodo in cui aveva la possibilità di formare le reti nervose necessarie, ovvero (prendendo a prestito i termini dall’informatica) l’”hardware” biologico sul quale far girare il “software linguistico” (cioè la sintassi di una lingua madre). Esponendo invece il bambino nei primissimi anni di vita a un ambiente multilingue si formeranno hardware biologici perfettamente coerenti a supportare i software sintattici di più lingue, che il bambino avrà la capacità di gestire tutte come lingue materne.

Alain Berthoz
Alain Berthoz

Non essendo questa la sede per approfondire problematiche inerenti all’apprendimento linguistico, basterà osservare che, l’esempio può comunque mostrare l’importanza di esporre i bambini fin dalla loro precocissima età a stimoli di natura quanto più varia possibile, al fine di consentire la formazione nel loro cervello di quante più architetture di reti nervose possibile.

Trascurare tale meravigliosa opportunità significa deprivare gravemente il bambino di future possibilità che potrebbero comportare lo sviluppo di sue capacità indispensabili a ottenere una più adeguata realizzazione personale e professionale.

Alain Berthoz, uno dei più importanti neuroscienziati noto a livello internazionale, alla luce delle più attuali rilevanze scientifiche conseguenti alla sua ricerca basata sulla risonanza magnetica funzionale (RMf), definisce come un vero e proprio crimine la deprivazione del bambino degli stimoli necessari al recepimento delle essenziali opportunità di sviluppo cerebrale, e ragionevolmente sostiene che sia colpa grave trascurare la possibilità di fornirgli tutti gli stimoli possibili e disponibili per ampliare le sue opportunità culturali.

Oggi lo “stato dell’arte” dell’offerta didattica degli asili deve pertanto essere certamente misurato in base alla capacità di diversificare l’erogazione delle attività dell’offerta formativa. Ma soprattutto bisogna tenere conto dei criteri modali e temporali mediante i quali tali attività devono essere proposte, in base alle evidenze dell’attuale ricerca neuroscientifica, al fine di ottenere lo sviluppo maggiormente auspicabile possibile sotto il profilo personale e culturale della futura persona adulta.

Entrando nel merito specifico è utile, come sempre, esprimersi attraverso esempi concreti. Si ipotizzi pertanto di allestire presso un asilo un laboratorio orientato all’esecuzione di attività di restauro di opere d’arte. Si potrà facilmente osservare che tale offerta didattica è dotata di validità notevole e ad ampio spettro sotto il profilo delle opportunità di sviluppo cognitivo. Infatti, la natura di tale laboratorio, opportunamente allestito con materiali adeguati alle potenzialità dei piccoli sperimentatori divisi per fasce di età, rappresenterebbe l’ambiente ideale per promuovere, attraverso stimoli specifici, l’incremento delle facoltà neuromotorie, congiuntamente a quelle inerenti alla sensibilità estetica.

E’ necessario però, per comprendere pienamente l’importanza delle opportunità implicite nell’offerta di un laboratorio di restauro durante le prime fasi dello sviluppo infantile conoscere altre, due evidenze oggettive fondamentali:

1) – La prima cosa che il neonato “impara” alla nascita, per iniziare a muovere adeguatamente prima gli arti, e poi l’intero corpo, in uno spazio enormemente più ampio e complesso rispetto a quello dell’alveo materno, è la mappa del proprio corpo. Ovvero, se l’individuo adulto è consapevole di dove si trovano in ogni momento le proprie estremità, anche se gli sono nascoste, o tiene gli occhi chiusi, per il neonato non è così… egli imparerà l’estensione e la localizzazione delle proprie membra accidentalmente muovendosi e battendo contro vari ostacoli che avrà intorno nelle prime settimane del suo sviluppo.

Tale cognizione era evidentemente inutile nel ventre materno, dove i movimenti erano solo conseguenti a stimoli riflessi, completamente estranei al controllo volontario orientato da scopi specifici, ovvero non indotti dalla necessità di estendere gli arti nello spazio circostante, per afferrare, respingere, conoscere con il tatto, spostarsi.

Qualche riga sopra si è virgolettato il termine “impara”, poiché l’apprendimento, soprattutto nelle prime fasi della vita neonatale e infantile, avviene (come si è visto) simultaneamente alla strutturazione di quelle reti neurali che si formano e si stabilizzano in seguito agli stimoli sensoriali ricevuti da alcuni dei circa cento miliardi di neuroni che si trovano nel nostro cervello, ma…

2) – successivamente a tale primissimo apprendimento, il termine “imparare” si riferisce alla dinamica mediante la quale si acquisiscono nozioni teoriche che prima non si possedevano, e che (come nel caso delle attività di laboratorio) possono poi consentire di svolgere operazioni pratiche. Nel cervello dell’uomo, come in quello di moltissimi altri animali, la possibilità di acquisire spontaneamente nozioni teorico-pratiche è infatti consentita dall’esistenza di un particolarissimo gruppo di neuroni che si trovano nell’area motoria della corteccia cerebrale, scoperti dal neuroscienziato italiano Giacomo Rizzolatti. Le cellule appartenenti a tale gruppo prendono il nome di “neuroni specchio”, in quanto inducono in modo spontaneo in uno spettatore, che assista a delle operazioni che vengono compiute da un suo simile, la capacità di replicare quelle stesse operazioni, semplicemente in seguito all’osservazione.

I neuroni specchio sono già perfettamente in grado di svolgere il loro compito al momento della nascita, in quanto la struttura stabile della loro rete è trasmessa per via ereditaria. Si potrà quindi comprendere che, per quanto comunemente possa sembrare una pretesa eccessiva esporre bambini nella prima infanzia a un’ attività considerata complessa, come quella necessaria al restauro di opere, essa può invece essere spontaneamente appresa sotto il profilo pratico (neuromotorio) anche da bambini appartenenti a tale fascia di età.

Giacomo Rizzolatti
Giacomo Rizzolatti

Ma le opportunità dell’offerta di un laboratorio di restauro ai bambini in tenera età vanno ben oltre la possibilità di stimolare lo sviluppo neuromotorio e l’apprendimento di semplici operatività tecniche. Infatti l’esecuzione delle operazioni, riguardando oggetti dotati di valenza estetica, stimolerà simultaneamente anche la sensibilità neuroestetica dei bambini nei confronti dell’armonia delle forme, dell’equilibrio percettivo-spaziale, e del piacere estetico prodotto dal colore e dall’intero contesto dell’opera da restaurare.

E saranno tali sensibilità a consentire di acquisire e orientare sinergicamente le capacità di operare in modo controllato e misurato le azioni necessarie agli interventi sull’opera.

La dinamica di apprendimento spontaneo sarà quindi quella stessa che nel tardo medioevo, come durante l’umanesimo e il rinascimento italiano, ha portato tanti giovani talenti a divenire grandi artisti, andando a bottega dai loro già illustri e affermati maestri…

Infatti, l’esperienza aveva evidentemente già mostrato quanto fosse importante acquisire le tecniche e le abilità artistiche affidandosi all’imitazione, anche se, solamente oggi, la scienza ha saputo dimostrare il motivo neurobiologico di un così felice successo di quel metodo, e la possibilità di sfruttare le facoltà del cervello umano a partire da età precocissime.

La scoperta dei neuroni specchio e la formidabile e irripetibile plasticità cerebrale del sistema nervoso centrale infantile consentono infatti oggi di sfatare le immotivate remore della didattica classica e di tanti genitori convinti che i loro figli siano “troppo piccoli” per imparare dal momento della nascita una seconda lingua, o per venire il prima possibile esposti a osservare attività erroneamente considerate troppo complesse per la loro età, le quali invece li potrebbero enormemente favorire nel seguito della loro esistenza.